Cosa scegliere
Da quando la globalizzazione interessa anche le piccole e medie imprese, è diventato motivo di confronto frequente se sia conveniente proporre, in ambito b2b, un solo listino prezzi per tutti i Paesi del mondo, sul quale operare adattamenti, o viceversa, si ottengano migliori risultati diversificando di partenza i listini. Non esiste una “regola giusta” e vi sono esempi di aziende capaci di realizzare crescite impetuose nell’uno e nell’altro modo, con entrambi gli approcci, percepite come corrette e moderne.
La scelta, in verità, non è sempre possibile, e vi sono mercati e/o circostanze per cui ci viene espressamente richiesto un listino di prezzi netti o un listino comunque personalizzato secondo determinati dettami, per ragioni di strategia commerciale. Detta linea di condotta è più comune nei mercati del nord Europa, rispetto ad altre aree del mondo, ma non si può escludere anche altrove. In altri casi, tipicamente settoriali, o legati ad un determinato canale di vendita, vigono strutture di sconti consolidate, alle quali è più o meno inevitabile conformarsi, e questo requisito condiziona giocoforza la costruzione del listino.
Allo stesso modo, per evidenti motivi, non è possibile, o meglio è molto complesso, gestire listini diversi, quando si venda mediante e-commerce internazionale, sia con iniziativa diretta che mediata da piattaforme specializzate.
Di cosa tenere conto
Qualora invece, vi sia la facoltà di decidere la linea di condotta , il più delle volte, io propendo per adottare lo stesso listino, nei vari mercati, naturalmente plasmato e “ammortizzato” attraverso una attenta, e non casuale, politica personalizzata di sconti, abbuoni, offerte, premi, “pacchetti” di acquisto, riduzioni proposte sulle quantità, sulle forme di pagamento, su particolari condizioni commerciali, ecc..
La controindicazione principale della diversificazione, deriva dal sostanziale agio con il quale i nostri clienti possano venire in possesso di un listino applicato in un altro Paese, ovvero possano incontrarsi personalmente in ambiti di concentrazione di operatori, come le fiere o i congressi e, confrontandosi, venire a conoscenza delle condizioni vigenti in altri mercati.
La scoperta della probabile sperequazione fra i listini, potrebbe facilmente dare adito a contestazioni e fratture insanabili, dalle quali dobbiamo cercare di difenderci con ogni mezzo, considerando che un distributore estero affidabile, formato e fidelizzato, è un patrimonio inestimabile e che non possiamo permetterci di sperperarlo per una leggerezza.
L’adozione di un unico listino viceversa, se ben gestito, ci concede l’opzione di appropriate individualizzazioni sui prezzi, mediante i provvedimenti sopra visti ma, nel contempo, ci consente anche di motivarle con ragioni solide che trascendano ogni possibile confronto transnazionale.
I riferimenti utili
Evidentemente, nel momento i cui si debba costruire un listino, che questo sia formalmente specifico, come invece “mascherato” all’interno di una sola intelaiatura omogenea, bisogna tenere conto di molti fattori per calibrarne appropriatamente i valori, in modo che la nostra proposta risulti sostenibile, congrua per la qualità percepita, e con gli obiettivi strategici prefissati, per il mercato in questione.
Senza ripetere concetti già sviscerati nel precedente articolo. incentrato proprio su come definire i prezzi di vendita, ci limitiamo a evidenziare che l’utilizzo di un listino unico, renda più semplice, in ogni senso, anche l’introduzione di eventuali aggiustamenti, in una direzione o nell’altra, attraverso banali correttivi peculiari, non di rado necessari, in un nuovo mercato o in una situazione economica instabile.
Fatte salvo le valutazioni puntuali sul contesto, dalle quali non possiamo prescindere, alcuni parametri qualificati di ordine generale, sul costo della vita e l’indice dei valori locali, potrebbero aiutarci ad orientarci sui prezzi più idonei, soprattutto in una prima fase, senza evidentemente considerare di rimettervisi pedissequamente.
Uno fra i più noti ed affidabili fra i suddetti parametri, è il “big mac index”, inventato dall’Economist nel 1986, per stabilire se il tasso di cambio valuta vigente, sia corretto, partendo dall’assioma che tale indicatore dovrebbe progressivamente spostarsi, verso il tasso che eguaglierebbe i prezzi di un identico paniere di beni e servizi (in questo caso, un hamburger), in due paesi qualsiasi.
E’ interessante osservare, come per un bene di larga diffusione, quale il celeberrimo panino, costituito da identici ingredienti, consumato con le stesse modalità, in ambienti sostanzialmente comparabili, ma in ecosistemi macroeconomici molto diversi, possano sussistere variazioni davvero significative nei prezzi proposti, (vedi tabella) i quali, per convenzione e comodità di confronto, vengono tradotti in un’unica valuta: il dollaro USA.
Conclusioni
La scelta fra un listino unico flessibile o vari listini calibrati sui diversi mercati, salvo alcune circostanze, solitamente non è tassativa, e può risentire anche di abitudini specifiche di settore o di mercato, che trascendono le nostre considerazioni tattiche e/o razionali.
Una delle strategie maggiormente consigliabili, in ogni caso, per un determinato mercato, è quella di generare un qualche tipo di distinzione nelle caratteristiche del prodotto, e/o dei servizi annessi, che spesso è richiesta al fine di fare breccia, e adeguarsi al tipo di domanda presente e, nel contempo, può giustificare una legittima calibrazione ad hoc del prezzo.
Quando non emerga un motivo di intervento (ma, ripeto, quasi sempre un adattamento si rivela opportuno a prescindere dalle politiche di prezzo) potrebbe essere sufficiente operare sull’imballo, oppure su una caratteristica fisica o tecnica marginale del prodotto, cercando naturalmente di non scompensare il giusto equilibrio, fra l’impatto di costi ed energie che possa richiedere una qualsivoglia modifica, ed il beneficio generato in termini di libertà commerciale.
Saverio Pittureri
Easy Trade Srl
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